La Corte penale è stata chiamata a pronunciarsi in merito a dei decreti d’accusa emanati dal Ministero pubblico della Confederazione nei confronti di tre imputati: A., B. e C., accusati di avere pubblicato su internet, e nel caso di A., di avere anche inviato a diversi indirizzi di posta elettronica, tra i quali quelli di giornalisti, un articolo intitolato "L’Armée, je boycotte" ("Io boicotto l'esercito"). Si sono così resi colpevoli di provocazione alla violazione degli obblighi militari (art. 276 CP).
La Corte penale ha assolto i tre imputati.
C. è stato assolto poiché i fatti che lo riguardavano, così come descritti nell'atto d’accusa, non corrispondevano agli elementi costitutivi del reato.
Per quanto riguarda gli altri due imputati, A. e B., pur essendo realizzato il reato, sono stati assolti per i seguenti motivi:
La libertà di espressione è garantita dagli articoli 10 CEDU e 16 Cost. Una restrizione di tale diritto, in particolare sotto forma di condanna, deve avere una base legale, perseguire uno scopo legittimo ed essere proporzionata.
Nel caso di specie, applicando in particolare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte penale è giunta alla conclusione che una condanna basata sull’art. 276 CP, sarebbe sproporzionata.
Per il resto, la Corte penale ha ritenuto che gli imputati non avessero subito alcun torto morale e che le misure coercitive (perquisizione e sequestro) fossero lecite.
Allegato: Dispositivo SK.2023.4 del 3 luglio 2023
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