20.06.2023
La Corte d’appello del TPF assolve in seconda istanza un ex impiegato di banca, accusato nel 2018 di riciclaggio di denaro in relazione a 96 capi d’accusa per un valore di ca. 22 mio. di euro, da un gran numero di accuse e riduce la pena nell’ambito del verdetto di colpevolezza (CA.2020.7)



La Corte d’appello del Tribunale penale federale riconosce un ex dipendente di banca, accusato nel 2018 di 96 capi d’accusa per aver riciclato circa 22 milioni di euro in tangenti, colpevole di 4 capi d’accusa e conferma, a questo proposito, un agire come membro di una banda ai sensi dell’art. 305bis n. 2 lett. b CP (caso grave). Per il resto, essa assolve l’imputato in dubio pro reo per 68 capi d’accusa in ragione dell’assenza d’intenzione per quanto riguarda l’origine criminale dei fondi incriminati. Di conseguenza, una pena pecuniaria sospesa di 360 aliquote giornaliere di fr. 400.- cadauna (periodo di prova di 2 anni) è stata considerata adeguata per l’imputato. La lunga durata del procedimento e le irregolarità nella conduzione del medesimo da parte delle autorità di perseguimento penale hanno contribuito alla riduzione della pena.

La sentenza CA.2020.7 del 7 giugno 2023 concerne l’appello dell’imputato contro la sentenza della Corte penale SK.2018.37 dell’8 ottobre 2019.

Accuse

In sintesi, l’accusa contesta al 55enne tedesco-greco, ex impiegato di banca, nei 96 capi d’accusa di aver riciclato tangenti derivanti da un commercio di armi militari (acquisto di un sistema di missili antiaerei) per un totale di circa 22 milioni di euro a Zurigo tra il dicembre 2003 e l’aprile 2012, in qualità di membro di una banda presumibilmente composta da vari complici di un ex ministro della difesa greco che nel frattempo è stato condannato in Grecia. Secondo l’accusa, egli avrebbe volontariamente fornito, internamente alla banca, informazioni false sull’origine e sull’utilizzo dei fondi per più di 13 anni, al fine di celare l’origine criminale dei fondi, come pure fatto ricorso a diverse persone (uomini di paglia) e società (offshore). Infine, l’imputato avrebbe sottratto circa un milione di euro per sé e per uno dei suoi complici. L’accusa rimprovera inoltre all’imputato di avere, tra luglio 2010 e novembre 2011, sottratto un importo totale di 960'000.- euro dai conti della banca in questione tramite 2 società offshore a danno del beneficiario reale (anch’egli membro della suddetta banda), con il pretesto di operazioni artistiche fittizie. L’accusa aveva inizialmente richiesto una pena detentiva parzialmente sospesa di 34 mesi, di cui 20 mesi sospesi e 14 mesi da espiare, come pure una pena pecuniaria di 600 aliquote giornaliere di fr. 400.- cadauna. L’imputato è stato in detenzione preventiva per quasi un anno a far tempo dal dicembre 2014 durante la procedura preliminare, ma è stato in seguito rilasciato sotto cauzione.

Sentenza di prima istanza

Con sentenza SK.2018.37 dell’8 ottobre 2019 la Corte penale del Tribunale penale federale ha assolto l’imputato dall’accusa di appropriazione indebita in relazione alle operazioni artistiche fittizie. Per quanto concerne le accuse di riciclaggio di denaro qualificato, l’istanza precedente ha abbandonato il procedimento per 20 capi d’accusa in ragione della prescrizione e ha inoltre assolto l’imputato per 4 capi d’accusa. Quanto ai restanti 72 capi d’accusa, essa ha ritenuto che le accuse fossero fondate. Per quanto concerne l’origine criminale dei presunti fondi riciclati (reato a monte), si è fondata sul giudizio del tribunale penale greco di primo grado del 7 ottobre 2013, mediante il quale l’ex ministero della difesa greco ed i suoi complici sono stati condannati a più anni di detenzione per riciclaggio di tangenti, commesso per mestiere e in banda, per 81 milioni di euro, e ha riconosciuto la confiscabilità di tali fondi. Essa ha ritenuto che tutte le transazioni finanziarie incriminate fossero accertate e attribuibili all’imputato. In qualità di impiegato di banca (consulente responsabile della clientela dell’uomo di paglia investitore), egli avrebbe avuto la competenza di dare avvio a queste transazioni e quindi beneficiato di una posizione privilegiata e di “informazioni da insider”. L’istanza precedente ha in particolare accertato che l’imputato, fin dall’inizio (vale a dire dal 1999 in poi), aveva accettato perlomeno con dolo eventuale l’origine criminale dei beni oggetto dell’accusa e che dalla pubblicazione dei primi articoli di stampa greci relativi al suddetto scandalo di corruzione legato all’acquisto di armi, nel maggio/giugno 2010, ne era venuto a conoscenza per dolo diretto. Di conseguenza, l’istanza precedente ha condannato l’imputato a una pena detentiva di 30 mesi, di cui 15 mesi sospesi (periodo di prova di 2 anni) e 15 mesi da espiare, come pure a una pena pecuniaria di 250 aliquote giornaliere di fr. 1'000.- cadauna.

Sentenza d’appello

Con sentenza CA.2020.7 del 7 giugno 2023 la Corte d’appello del Tribunale penale federale ha assolto l’imputato per altri 68 dei 74 capi d’accusa rimanenti e lo ha riconosciuto colpevole per 4 capi d’accusa. Contrariamente all’istanza precedente, la Corte d’appello ritiene che il presunto dolo eventuale dell’imputato in relazione all’origine criminale dei suddetti fondi nel periodo compreso tra il 1999 e il giugno 2010 non sia stato sufficientemente provato in diritto, il che porta all’assoluzione, in applicazione del principio in dubio pro reo, per tutti i capi d’accusa temporalmente precedenti. Questo anche perché, nonostante l’amministrazione di prove supplementari, non è ancora stato possibile chiarire in modo definitivo quale fosse l’organo “responsabile in ultima istanza” nell’interazione dei vari meccanismi di controllo della compliance interni alla banca, rispettivamente in che misura l’imputato, in qualità di consulente della clientela dell’uomo di paglia investitore, avrebbe concretamente ostacolato l’intervento dei responsabili di compliance competenti. Sulla base delle prove disponibili e utilizzabili, non è stato possibile stabilire la conoscenza dell’origine criminale dei fondi o l’accettazione di tale origine da parte dell’imputato durante questo periodo.

Per contro, la Corte d’appello ritiene che fosse stato sufficientemente provato in diritto che, a partire dal momento in cui lo scandalo di corruzione legato all’acquisto di armi riguardante l’ex ministro della difesa greco e i suoi cospicui investimenti immobiliari è diventato noto ai media greci a causa delle azioni compiute dall’imputato nelle circostanze date (in particolare le operazioni artistiche fittizie da parte dell’imputato e dei suoi complici, come pure il ricorso a una società offshore e a un altro uomo di paglia), l’imputato fosse a conoscenza dell’origine criminale dei fondi al più tardi dall’inizio di luglio 2010. Allo stesso modo, la Corte d’appello ritiene che l’agire dei suddetti complici in banda sia sufficientemente comprovato in diritto al più tardi dalla stessa data. La Corte d’appello considera una pena pecuniaria di 360 aliquote giornaliere di fr. 400.- cadauna (periodo di prova di 2 anni) adeguata per l’imputato. La lunga durata del procedimento e le irregolarità nella conduzione del medesimo da parte delle autorità di perseguimento penale hanno contribuito alla riduzione della pena.

La sentenza della Corte d’appello non ancora cresciuta in giudicato può essere impugnata dalle parti mediante ricorso in materia penale al Tribunale federale dopo la notificazione del testo integrale della decisione. Per gli imputati continua a valere la presunzione d’innocenza.


Allegati: Dispositivo CA.2020.7 del 14.06.2023


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