Ministero pubblico della Confederazione e C. contro A. e B. (SK.2020.21)
Il 15 dicembre 2021, la Corte penale del Tribunale penale federale ha emanato una sentenza nei confronti dell’ex CEO A. della banca svizzera B., di una società anonima così come della banca B. medesima.
Imputato A.:
In sintesi, il Ministero pubblico della Confederazione accusa A. di avere, nella sua funzione di CEO della banca B., negli anni 2012-2016, trasferito un importo di 133 milioni di euro su conti nazionali ed esteri allo scopo di nasconderne la provenienza, valori patrimoniali precedentemente detenuti da X., rappresentante del proprietario della banca B., ottenuti illegalmente in violazione dell’art. 158 n. 1 cpv. 1 e 3 CP (amministrazione infedele qualificata). Egli avrebbe inoltre effettuato pagamenti per un importo di 61 milioni di euro in favore di X. Secondo l’accusa, A. sarebbe stato a conoscenza dell’origine criminale dei fondi. Così facendo, egli si sarebbe reso correo del reato di riciclaggio di denaro qualificato unitamente a X., quest’ultimo oggetto di un procedimento separato.
A. è stato assolto dall’accusa di riciclaggio di denaro qualificato.
La Corte penale ha riconosciuto l’esistenza di un reato a monte del riciclaggio di denaro. Per la Corte penale è stato dimostrato che X. era un dirigente della società danneggiata C. e che egli ha venduto le azioni Y. e i “Certain Rights” detenuti privatamente alla danneggiata C. a un prezzo decisamente eccessivo, al fine di compensare la sua perdita contabile con le azioni Y. X. ha quindi violato il suo dovere di diligenza in relazione al patrimonio di C., che ha subito una perdita totale di circa 150 milioni di euro. La condotta di X. ha quindi adempiuto i requisiti del reato di amministrazione infedele (qualificata).
Per la Corte penale, è stato ulteriormente provato che le transazioni incriminate hanno costituito atti di occultamento e quindi di riciclaggio di denaro. X. ha così adempiuto i requisiti del reato di riciclaggio di denaro (qualificato).
Il reato di riciclaggio di denaro può essere compiuto unicamente con dolo (eventuale). Il riciclatore deve essere al corrente della provenienza criminale dei valori patrimoniali o perlomeno prenderla in considerazione. A. può quindi essere considerato correo nel riciclaggio di denaro solo se si può dimostrare che era a conoscenza del reato presupposto di amministrazione infedele (qualificata).
Dopo aver soppesato vari elementi a favore e contro la conoscenza di A. riguardo all’amministrazione infedele (qualificata) commessa da X., la Corte penale, in applicazione del principio “in dubio pro reo”, ha negato che A. avesse conoscenza dell’amministrazione infedele commessa da X., il che ha portato a un’assoluzione.
Imputato B.:
In sintesi, il Ministero pubblico della Confederazione accusa la banca B. di non aver garantito un’adeguata separazione delle funzioni nonché una compliance indipendente e un controllo efficace delle relazioni d’affari rischiose e di non aver evitato conflitti d’interesse. L’accusa rimprovera inoltre a B. di non aver applicato le linee guida interne. Questo ha permesso la realizzazione del reato presupposto (riciclaggio di denaro qualificato). B. ha quindi commesso il reato di cui all’art. 102 CP in relazione con il riciclaggio di denaro qualificato.
Per rendersi un’impresa colpevole del reato di cui all’art. 102 cpv. 2 CP occorre che la stessa abbia commesso un reato presupposto ivi descritto, come in questo caso il riciclaggio di denaro. La condizione oggettiva di punibilità è data.
L’ulteriore condizione per la realizzazione del reato, ossia che questo sia stato commesso nell’impresa stessa, è adempiuta. X. è stato l’autore del reato presupposto e aveva di fatto una posizione di organo nella banca B. Inoltre, le operazioni bancarie in esame sono state effettuate nell’esercizio delle attività commerciali dell’impresa.
A livello fattuale, la Corte penale ha stabilito quanto segue:
Sebbene le disposizioni della legge sul riciclaggio di denaro, dell’ordinanza sul riciclaggio di denaro della FINMA, della legge sulle banche e dell’ordinanza sulle banche richiedano, tra l’altro, che le banche dispongano di una compliance indipendente e siano responsabili del rispetto di tale requisito, ciò non era il caso della banca B. Quest’ultima non ha inoltre implementato linee guida interne in relazione a una compliance indipendente.
L’imputato A., in qualità di CEO di B., era allo stesso tempo capo della divisione “Clients” e capo del sottogruppo “Private Banking International”. La divisione “Clients” sottostava al CEO. A. era quindi allo stesso tempo superiore e subordinato di sé stesso. La divisione “Legal & Compliance” sottostava direttamente al COO, il quale dal canto suo sottostava al CEO. “Head Legal & Compliance” era responsabile di garantire l’indipendenza della divisione Compliance e il controllo delle attività operative. La divisione “Legal & Compliance” era suddivisa in “Legal” e “Compliance”. “Head Compliance” aveva la funzione di specialista in riciclaggio di denaro e doveva garantire l’attuazione e il controllo del rispetto della ORD-FINMA e quindi il controllo indipendente delle transazioni ed era responsabile del trattamento dei casi sospetti di riciclaggio di denaro.
Come consulente di fatto di X., le attività operative di A. avrebbero dovuto essere controllate da persone a lui subordinate, principalmente dal “Head Compliance” e dal “Head Legal & Compliance”.
Per la Corte penale è inoltre dimostrato che la divisione “Legal & Compliance” era coinvolta a diversi livelli gerarchici nella gestione operativa legata alle relazioni commerciali di X. Ciò non garantiva l’indipendenza dell’autorità di controllo “Head Legal & Compliance”.
La struttura organizzativa di B. all'epoca del reato, che presentava problematici "intrecci di personale", dimostra che nella banca B. non esisteva un controllo interno indipendente effettivo per quanto riguarda le relazioni commerciali rischiose e le possibili attività di riciclaggio di denaro.
La Corte penale è quindi giunta alla conclusione che le misure richieste dalla LRD e dalle sue disposizioni d’applicazione non sono state attuate presso la banca B. Le carenze organizzative e l’inadeguata implementazione attraverso direttive interne, rispettivamente la mancanza di un’implementazione di fatto, sono state la causa del mancato riconoscimento delle operazioni di riciclaggio.
Sarebbe stato ragionevole per la banca B. implementare tutti i requisiti richiesti dalla legge e previsti dalle regole deontologiche finalizzati a garantire l’indipendenza della “Compliance” e la prevenzione del riciclaggio di denaro.
Attraverso l’implementazione coerente di tutte le misure organizzative necessarie, il riciclaggio di denaro avrebbe potuto con estrema probabilità essere evitato.
La banca B. è stata ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 102 cpv. 1 e 2 CP in combinato disposto con l’art. 305bis cpv. 1 e 2 CP e punita con una multa di 3,5 milioni di franchi.
Allegato: Dispositivo SK.2020.21
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