17.10.2022
La Corte d’appello del Tribunale penale federale assolve un’imputata in seconda istanza dall’accusa di aver commesso un attacco esplosivo contro il Consolato generale della Repubblica di Turchia a Zurigo (sentenza CA.2022.4 del 12 ottobre 2022)



La Corte d’appello del Tribunale penale federale assolve l’imputata, giudicata colpevole in prima istanza, dall’accusa di complicità nella commissione di un attentato con dispositivi esplosivi (uso delittuoso di materie esplosive o gas velenosi secondo l’art. 224 CP) per insufficienza di prove, in dubio pro reo. L’imputata aveva invece già accettato le condanne pronunciate nei suoi confronti in primo grado per capi d’accusa secondari, relativi al comportamento tenuto durante delle manifestazioni.

La sentenza CA.2022.4 concerne l’appello dell’imputata contro la sentenza della Corte penale del Tribunale penale federale SK.2021.7 del 19 novembre 2021. L’accusa rimprovera all’imputata, tra le altre cose, di avere aiutato persone non identificate a sparare diversi fuochi d’artificio presso il Consolato generale della Repubblica di Turchia a Zurigo il 18 gennaio 2017 (capo d’accusa 1.2). La prima istanza ha ritenuto l’accusa fondata, ha dichiarato l’imputata colpevole e l’ha condannata ad una pena detentiva (non sospesa) di 14 mesi. Vero è che non c’erano prove dirette della sua partecipazione al reato. Tuttavia, il suo DNA è stato rinvenuto su uno dei due bastoni di legno appartenenti al dispositivo di lancio. L’istanza precedente ha ritenuto che tale circostanza, in combinazione con altri indizi, fosse una prova sufficiente della partecipazione dell’imputata al reato attraverso l’assistenza e la consulenza agli autori. Questi ulteriori indizi includevano le convinzioni politiche dell’imputata in quanto esponente della Costruzione rivoluzionaria di estrema sinistra della Svizzera, rispettivamente di Zurigo (RAS/RAZ), la sua esplicita avversione per la politica e il governo della Repubblica di Turchia, una lettera di confessione pubblicata su internet da una persona non identificata e dalla RAS, come pure la partecipazione dell’imputata agli attacchi contro il Consolato generale della Spagna a Zurigo 20 anni fa, presumibilmente con lo stesso modus operandi.

La Corte d’appello ritiene che i suddetti indizi, nella loro globalità, non siano sufficienti a dimostrare il coinvolgimento dell’imputata nel reato – nemmeno nel senso di un’assistenza e consulenza agli autori. Sarebbero inoltre ipotizzabili diversi scenari alternativi. Proprio per il fatto che l’imputata si muove in questi ambienti di estrema sinistra, non si può escludere con certezza che possa essere entrata in contatto con un simile bastone di legno indipendentemente dall’attacco commesso. Il dispositivo di lancio utilizzato non avrebbe necessariamente richiesto un know-how speciale che soltanto lei avrebbe potuto possedere. Le convinzioni politiche (di estrema sinistra) dell’imputata, la sua posizione di esponente della RAZ/RAS, il comportamento da lei assunto durante il procedimento oppure il suo passato non permettono, da un punto di vista probatorio, di ritenerla responsabile penalmente per le azioni dei suoi compagni di fede politica. Nel complesso, mancano quindi le prove necessarie per una condanna.

Il Ministero pubblico della Confederazione era consapevole di questa problematica fin dall’inizio e per questo motivo ha abbandonato le indagini in una fase iniziale rispettivamente ha rinunciato alla promozione dell’accusa. Tuttavia, in seguito ai ricorsi del Consolato generale della Repubblica di Turchia, la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale gli ha imposto di proseguire le indagini e promuovere l’accusa.

L’assoluzione pronunciata nei confronti dell’imputata in prima istanza (violazioni dell’Ordinanza 2 COVID-19 e della Legge sulle epidemie) e le condanne per le quali è stata pronunciata una pena pecuniaria, rispettivamente una multa (ripetuta violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari, impedimento di atti dell’autorità, ingiuria, come pure un’altra violazione dell’Ordinanza 2 COVID-19 e della Legge sulle epidemie nell’ambito di manifestazioni) non sono state contestate e sono quindi cresciute in giudicato in prima istanza.

La sentenza della Corte d’appello non ancora cresciuta in giudicato può essere impugnata mediante ricorso in materia penale al Tribunale federale dopo la notificazione del testo integrale della decisione. Per l’imputata vale ancora la presunzione d’innocenza.


Allegato: Dispositivo CA.2022.4


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